Per uno studio delle interferenze tra letterature.

II. Karl Kraus visto da Firenze

L’interesse per Kraus da parte di Tavolato e dell’ambiente delle riviste fiorentine può essere ricondotto a tre aspetti:  la figura autoriale dello scrittore austriaco, i temi trattati nella sua opera, i generi letterari che egli pratica.

 

"Die Fackel", I.1, 1899 

“Die Fackel”, I.1, 1899

 

II.1. Aspetti autoriali

[Un intellettuale iconoclasta, “totale” e anticosmopolita] A voler evidenziare le caratteristiche più importanti dell’autorialità krausiana, potremmo dire che questo scrittore adotta una postura di intellettuale iconoclasta, “totale” e anticosmopolita. Quando Tavolato cercherà di proporre Karl Kraus come possibile modello di intellettuale (sulla figura dell’intellettuale a Firenze a inizio Novecento rimando al contributo di Anna Baldini), l’accento cadrà, come vedremo, proprio su questi tre aspetti.

[Kraus intellettuale iconoclasta] È esplicita, se non ostentata, l’avversione di Kraus per l’università, i circoli letterari, le istituzioni culturali, il giornalismo. La critica radicale al proprio milieu politico e culturale non poteva non incontrare le simpatie di un collaboratore di “Lacerba”. Uno dei bersagli più ricorrenti della satira di Kraus sono proprio i giornalisti-letterati, oggetto di aspre critiche anche da parte degli intellettuali fiorentini. La celebre polemica di Kraus contro Heine (emblema del feuilletton che mescola letteratura e informazione, racconto e notizia; cfr. Heine und die Folgen, 1910) si attaglia perfettamente agli attacchi vociani contro Ojetti.

[Kraus intellettuale “totale”] Kraus è saggista, aforista, poeta, giornalista, scrive di letteratura e arte ma anche di politica e diritto. È insomma un ottimo modello per chi – come molti dei collaboratori delle riviste fiorentine – avversa la specializzazione dei saperi e la divisione tra generi. Inoltre lo scrittore austriaco offre un modello autoriale corredato, per così dire, di istruzioni per l’uso: Kraus è un autore che parla continuamente di se stesso come autore.

[Kraus intellettuale anticosmopolita] Kraus si vanta di non sapere alcuna lingua oltre il tedesco e di osservare gli avvenimenti europei e cosmici senza mai uscire dal Ring di Vienna. Questa rivalutazione della dimensione provinciale non poteva non essere gradita ai fiorentini. Bisogna precisare, però, che se quello di Kraus è un gesto provocatorio (Vienna è pur sempre la capitale di un impero), per vociani e lacerbiani la questione dell’essere provinciali è assai più seria. Non a caso, per far risaltare ex negativo il proprio orgoglio di intellettuali locali essi dovranno rifarsi al glorioso passato quattro-cinquecentesco (e vale forse la pena ribadire, en passant, quanto sia fruttuoso confrontare – superando gli steccati disciplinari – il modo in cui una letteratura si relaziona a un’altra letteratura col modo in cui essa si relaziona a se stessa in altre epoche).

II.2. Aspetti tematici

[La morale sessuale e la “questione della donna”] Sul piano dei temi, l’interesse di Tavolato per Kraus scaturisce dal fatto che gli scritti di quest’ultimo vertono, prima della Grande Guerra, su un tema centrale per la “Voce” (che nel 1910 vi dedica un intero numero) e ancor più rilevante per “Lacerba”, che ne farà un cavallo di battaglia: la morale sessuale e la cosiddetta Frauenfrage, la “questione della donna”.

In Sittlichkeit und Kriminalität (1908) e Die chinesische Mauer (1910) Kraus si era espresso a favore della separazione tra la sfera del diritto e quella della moralità (cfr. Fantappié 2012a), entrando nel complesso dibattito viennese sulla questione sessuale attorno al quale, tra la fine del diciannovesimo e l’inizio del ventesimo secolo, ruotavano argomentazioni di ordine filosofico e artistico ma anche giuridico, medico, economico.

È a Vienna infatti che Otto Weininger pubblica Geschlecht und Charakter (1903), trattato in cui distingue un principio maschile, depositario d’ogni dote razionale, in opposizione a un principio femminile, inadatto ad attenersi a principi etici o giuridici. È a Vienna che nascono le prose di Peter Altenberg e di Sacher-Masoch, nonché i testi teatrali di Wedekind con le sue Lulu simbolo di pura sensualità, pura amoralità, pura vita; a Vienna nasce il sofisticato erotismo degli artisti della Sezession; a Vienna Sigmund Freud dà vita alla psicanalisi. Vi fioriscono inoltre studi sul tema a cavallo tra neurologia e giurisprudenza: medici come Hirschfeld classificano i “fenomeni di transizione sessuale” a seconda del loro grado di perversione; Krafft-Ebing vorrebbe dimostrare scientificamente la naturale monogamia della donna (e dunque la necessità di una più severa punizione dell’adulterio); a Vienna, infine, si traducono i saggi di John Stuart Mill, che condanna la sottomissione della donna all’uomo paragonandola all’asservimento della natura alle logiche dell’economia (cfr. Wagner 1982 e Fantappiè 2007).

[Le arti figurative] Un primo impulso all’importazione del dibattito viennese era già venuto dalle arti figurative. Fondamentali sono la Biennale di Venezia del 1907 e le mostre di Ca’ Pesaro tenutesi tra il 1908 e il 1910, che portano in Italia le figure femminili di Klimt e della Secessione, oltre a quelle più tormentate di Schiele e di Kolo Moser. Tra gli italiani è particolarmente ricettivo Aroldo Bonzagni, vicinissimo all’ambiente di Ver Sacrum, che propone in Italia delle Salomé molto viennesi e addirittura, nel 1912, un San Sebastiano al femminile (il riferimento è a Le Martyre de Saint Sebastien di D’Annunzio, ma la resa pittorica rimanda chiaramente agli esperimenti viennesi).

 

Aroldo Bonzagni, San Sebastiano, 1912

Aroldo Bonzagni, San Sebastiano, 1912

 

[La “questione della donna” sulla stampa] In Italia, la “questione della donna” è centrale non solo sul piano culturale ma anche su quello politico-sociale. Basti accennare – per rimanere nell’ambito della carta stampata – all’acceso dibattito sull’appello di Maria Montessori che invitava le donne a iscriversi nelle liste elettorali pur non avendone diritto (1906); all’infuocata risposta, sulle pagine di “Critica sociale” nel 1910, di Anna Kuliscioff a Turati, contrario al voto alle donne per la “pigra coscienza di classe delle masse proletarie femminili”; alla discussione sui giornali della medesima questione, sempre nel 1910, nel quadro della proposta di legge sul suffragio universale maschile (com’è noto, a quello femminile Giolitti si oppose definendolo un “salto nel buio”).

II.3. Aspetti legati ai media e ai generi letterari

[La rivista e la forma breve] Per un gruppo di giovani intellettuali sconosciuti che tenta di legittimarsi attraverso riviste letterarie, quale miglior modello, fuori dall’Italia, di Karl Kraus, il figlio di un commerciante di carta boemo che con la sua rivista “Die Fackel” era riuscito a diventare celeberrimo? Anche sul piano delle forme e dei generi letterari, inoltre, a Firenze Kraus è potenzialmente popolare essendo maestro, oltre che del saggio, anche della forma breve, e in particolare dell’aforisma. Se Prezzolini preferisce il frammento à la Novalis (cfr. l’intervento di Stefania De Lucia), è facile immaginare quanto le pointes satiriche dei fulminanti Witze krausiani piacessero ai lacerbiani, i quali aprono il primo numero proprio con degli aforismi (Introibo, “Lacerba”, I.1., 1).

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